Tutti in cucina con lo chef Pietro D’Agostino. Sono Giovani, siciliani, provenienti dagli istituti alberghieri, con una gran voglia di imparare e soprattutto di restare in Sicilia. La Stella Michelin de La Capinera di Taormina non abbandona mai i panni del cuoco sempre al fianco della sua brigata, e mentre spiega le sue tre nuove proposte appena messe in menu, sente addosso anche l’entusiasmo e la responsabilità del “maestro”, di chi a trent’anni dal suo ritorno in Sicilia è sempre più convinto che il riscatto economico e occupazionale di questo straordinario Continente passi attraverso la leva della crescita dei livelli di qualità e di professionalità dell’enogastronomia e del turismo. E se ai suoi, non fa altro che ripetere “siate pazienti e determinati, perché sarete i protagonisti di un nuovo racconto della Sicilia che parte proprio dal cibo e dal vino, per poi attraversare i beni culturali, le bellezze paesaggistiche da mescolare alle tradizioni, al terroir, in un’esperienza che diventa “unica”, il messaggio è rivolto a quelle decine di migliaia di ragazzi che ancora non riescono ad intravedere un futuro lavorativo.
“Viviamo un paradosso – dice – la Sicilia in questo momento scoppia di turisti, Taormina ne è un esempio, avremmo bisogno di un esercito di operatori preparati, competenti, motivati, da inserire nella ristorazione e nell’hospitality, eppure facciamo fatica ad assumere”. “Attualmente stiamo formando una squadra che spero rimanga al mio fianco ancora a lungo. Propongo ai giovani che lavorano con me sia in cucina che in sala -dice- momenti di formazione e di approfondimento in cui credo molto, nel rispetto del nostro lavoro, dei clienti ma anche del loro futuro. Ho formato tanti cuochi che poi hanno spiccato il volo, diventando importanti chef in varie parti del mondo, ma per esperienza dico, è qui che devono tornare”.
E tornando ai fornelli, la cucina di Pietro D’agostino è da sempre uno storytelling della Sicilia: con la centralità delle materie prime di eccellenza che seguono il ritmo delle stagioni, della tradizione che abbraccia l’intero Mediterraneo e della contaminazione con le cucine internazionali. Un trinomio vincente in linea con le tendenze dei clienti contemporanei che amano riscoprire sapori antichi e vogliono conoscerne di nuovi, assaporare tecniche di cottura tradizionali ma con sistemi ultramoderni come nel caso della brace, riscoperta e utilizzata dal cuoco nel suo ristorante.
Ed eccole le nuove proposte: Calamaro pescato a lenza, ripieno funghi e patate, servito con una crema carote e zenzero e punte di asparagi selvatici; un rotolino di cernia bianca di fondale con gambero rosso di Mazara, ricoperta di mollica al pistacchio e crema di melanzane e miele di acacia; Un tagliolino alla curcuma con calamaretti spillo, pomodorino, crema di zucchine e mollica di pane abbrustolito alle nocciole. “Piatti semplici, chiari, con un’alternanza di farine e spezie aromatiche – spiega –accumunati territorio stagionalità, sostenibilità un prodotto che ricorda la memoria. Quanto alle cotture c’è sempre molta attenzione, stiamo lavorando molto sul metodo della brace, che sarà il futuro. Il nostro cliente è sempre molto attento e consapevole”.
E se questo è vero per La Capinera, lo è altrettanto per il Kistè, l’easy gourmet situato alle spalle del Duomo di Taormina, che risente in modo netto della filosofia culinaria di Pietro D’Agostino, ritagliandosi nel tempo una sua identità. “Si sente l’essenza ma non l’assenza – sottolinea Morena Benenati, direttore del ristorante – Offriamo un angolo di Sicilia ben curato e distintivo che riesce a distaccarsi dalla frenesia del centro cittadino, regalando un’esperienza di gusto con ingredienti certificati, un forte focus sui vini regionali e una cucina siciliana ma con una chiave gastronomica moderna”.
La Sicilia, dunque, sale in qualità, e non è solo un fatto di numeri. Si tratta della terza regione d’Italia su cui ricadono le preferenze del turista, il cui identikit assume contorni sempre più dettagliati (colto, curioso, goloso) per ciò che essa riesce a trasmettere. C’è il turismo di lusso, di nicchia, c’è anche la riscoperta dei piccoli borghi. L’intero settore è in crescita, su cui politiche e aziende, tra dirette e indotto, dovrebbero concentrare le proprie strategie, che invece presenta un gap preoccupante non riuscendo ad attrarre professionalità. “Insisto su questo punto, con amarezza constato quanto siano pochissimi gli studenti che finiti gli studi professionali negli istituti alberghieri, per esempio, decidono di proseguire percorsi professionalizzanti”. “Un controsenso, ripeto, a cui non si riesce a dare una risposta e dal quale si dovrebbe partire per invertire la rotta, impedendo che migliaia di giovani lascino una terra ricca di enormi potenzialità per andare a costruire il proprio futuro altrove”.
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